Pubblicità sociale, ambiente e politica

giovedì, maggio 10, 2007

La tv che vorrei ma anche:

La tv che non c'è

Teleabissi di Roberto Brunelli, l'Unità del 08/05/2007

È una televisione meravigliosa, quella italiana. Ieri sera, sul primo, dopo il Tg1 (che svetta per acume per un servizio sulle ragazze romene, raccontando senza pregiudizi il loro background, l'ambiente della prostituzione, l'immigrazione nelle grandi periferie italiane), c'era la striscia di Celentano: una frase mitica ogni sera, a cui è seguito in prima visione il film che ha vinto l'Oscar, lo strepitoso «The Departed» di Martin Scorsese. Sul secondo, all'ora in cui una volta, tanto tempo fa, andava in onda l'Isola dei Famosi, abbiamo visto un varietà sui generis, praticamente postmoderno: tra gli ospiti, Renato Zero che duettava con Norah Jones, un'esibizione pirotecnica e mozzafiato di Le Cinque du Soleil, Fiorello che intervistava Andrea Camilleri, Daniele Luttazzi che faceva il suo tg satirico.
E pensare che il giorno prima, si è mandata in onda quella fiction italiana incredibile prodotta da Nanni Moretti sulla base dei Diari di Pieve di Santo Stefano: interpretata da Maya Sansa, la storia di una donna che dopo la guerra ha attraversato a piedi tutta la Germania e tutta l'Italia con i suoi due piccoli bambini in braccio. Dialoghi serratissimi, un'interpretazione misurata, inquadrature semplici, ma dense. L'altra sit-com, quella del lunedì, quella con protagonista un ragazzo tunisino che s'innamora di una pariolina, ha avuto un ottimo riscontro Auditel, così com'è stato uno strepitoso successo la fiction sulla vita di Voltaire. Eh già, il primo canale: fantastico quel programma che porta in seconda serata i migliori musicisti e gruppi sia rock che jazz suonare dal vivo i loro pezzi: dopo gli Avion Travel e l'Orchestra di Piazza Vittorio, pezzi di Patti Smith, dei Subsonica, ma anche di Vasco Rossi e dei Coldplay, di Paolo Fresu e un raro filmato di John Coltrane. In più, a ogni puntata, un esordiente assoluto preso dalla strada.
Il giorno dopo ancora, al termine del Tg1 (che ancora una volta ha fatto centro con «l'intervista senza rete» in cui un politico viene messo alle strette senza sconti, con domande vere sul merito delle questioni, alla maniera della Bbc), c'era un incontro con lo scrittore premio Nobel Orhan Pamuk, realizzata ad Istanbul proprio nel giorno in cui un milione di persone sono scese in piazza per la difendere la laicità del suo paese, la Turchia. E se non avete nulla da fare il pomeriggio, basta accendere il terzo canale: ogni giorno alle 17 c'è un grande classico del cinema, ieri era la volta di «La finestra sul cortile» di Hitchcock, il giorno prima ancora un film di Truffaut, quello prima ancora «Manhattan» di Woody Allen. Alle 22, sempre sul tre, una serata a settimana è dedicata ad un film italiano recente, anche indipendente, ed un'altra serata è dedicata al cinema europeo d'autore.
Sul due va forte la rassegna dei vecchi telefilm americani degli anni settanta e ottanta, da «Le strade di San Francisco» a «Saranno famosi». Per chi ama la classica, alle 11 del mattino e alle 23 c'è sempre un bel concerto o una vecchia interpretazione d'archivio: ieri era la volta di Bach, con le Suites Orchestrali eseguite da Gardiner e le Variazioni Goldberg di Glenn Gould. Diminuiti drasticamente i talk-show, vanno forte i reportage, che fanno ottima compagnia al Biagi tornato trionfalmente sul primo canale: oggi un'inchiesta su dove prendono la merce i senegalesi che vendono i calzini agli angoli delle strade ed il racket che ci sta dietro.
Ah, com'è cambiata l'informazione televisiva, da quando hanno assunto Antonello Piroso in Rai: niente più politichese, due conduttori e lo schermo spezzato in cui da una parte vedi il giornalista in studio che fa domande all'inviato, dall'altra l'inviato medesimo che si trova ovviamente sul posto, nel sottopancia altre notizie, grande apertura a temi fino a ieri inusuali per i tg italiani, a cominciare dalla rubrica «Mucca pazza», sul mondo gay, che fa bella mostra di sé sul Tg2. I reality? Ma certo che ci sono ancora i reality: l'ultimo si chiama «Scampia house», e si svolge dentro la casa di una famiglia nel territorio a più alta densità camorristica d'Italia... I grandi serial americani? Finalmente li vediamo in contemporanea con l'America, e non due anni dopo.

P.S. Ovviamente quel che avete letto sin qui è frutto di dolente fantasia. Niente di rivoluzionario, beninteso, solo una modesta simulazione di tutto ciò che nella televisione pubblica italiana probabilmente non vedrete mai. La domanda è: perché?


Etichette:





9 Comments:

Anonymous Anonimo said...

All'inizio non capivo.. eh eh!

Bisogna essere fiduciosi.. ci vorrà tempo, ma un giorno le cose andranno proprio così!

Perchè tutto sta migliorando lentamente, ma con progressione... tutto si trasforma, con calma ma incidendo profondamente nel costume. E' questione di tempo; forse noi non ci saremo, ma i nostri figli (o nipoti) ne beneficeranno: ci prenderanno in giro e alcuni di loro occuperanno i posti cui oggi, noi, aneliamo.

"un giorno l'uomo volerà! io l'ho visto, ci sono stato... "

Via le barriere tra israele e palestina, con i palestinesi nel loro stato (come nella germania dopo l''89); vietnam del nord e del sud, già andati alle olimpiadi insieme, vivranno in un solo stato, tutto loro; nel sud america regnerà la democrazia, che avanza, ovunque. le guerre, se si combatteranno ancora, saranno con le pietre e le mazze: perde chi per primo si stanca (come nella grecia antica). L'aids (e il virus dell'hiv) sarà curata come una normale influenza (le febbri uccidevano, ora sono solo alterazioni), ecc...

Io ci credo... eh eh. Anche se alle volte mi faccio abbattere dal primo che dice: "tutti sono uguali, tutti rubano alla stessa maniera" ... "MA è solo un modo per convincerti a restare chiuso dentro casa quando viene la sera. Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone, la storia entra dentro le stanze, le brucia, la storia dà torto e dà ragione".

Alla prossima.

giovedì, maggio 10, 2007 8:12:00 PM  
Blogger il Bruco said...

Meno male che il p.s. finale spiega tutto!!
eheheh

simone
p.s.
ma non scrivi nessun post dove parli del tuo dialogo con Augias???
guarda che se non lo fai...lo mettiamo noi!

giovedì, maggio 10, 2007 10:15:00 PM  
Blogger Unknown said...

Non ne parlo perchè facendolo renderei stra-ordinaria un'attività, quella della pressione, che dovrebbero fare tutti i cittadini e che dovrebbe rappresentare la normalità.
Se ognuno vantasse le proprie azioni le eleverebbe a rarità e la rarità rappresenta un'eccezione.
"Felice il paese che non ha bisogno di eroi" (Galileo, o no?)

giovedì, maggio 10, 2007 11:50:00 PM  
Anonymous Anonimo said...

Goethe.. eh eh... con varianti quali: fortunato... o beato... insomma il senso è sempre lo stesso! :P

..e allora lo facciamo noi!!! eh eh

venerdì, maggio 11, 2007 9:41:00 AM  
Anonymous Anonimo said...

Sigh.. dopo un breve dialogo con l'ottimo josè, siamo giunti a questa conclusione.

La frase non è di Galileo (cui va tutta la nostra stima) nè di Goethe...

Bensì appartiene a Brecht... "ce ne scusiamo con i lettori e l'interessato"... eh eh

venerdì, maggio 11, 2007 12:03:00 PM  
Blogger Marco tartaruga said...

Interessente ma non capisco una cosa... è utopistico come pensiero?

sabato, maggio 12, 2007 10:44:00 AM  
Blogger Unknown said...

se continua così anche l'utopia sarà + di una vana speranza..

domenica, maggio 13, 2007 6:29:00 PM  
Anonymous Anonimo said...

...

giovedì, maggio 17, 2007 9:01:00 PM  
Anonymous Anonimo said...

Well written article.

lunedì, novembre 10, 2008 1:20:00 PM  

Posta un commento

<< Home